Per un monte chiamato Disgrazia, al paese non trovarono, per compensazione, miglior appellativo di Chiesa. E poco più a valle, sempre in Valmalenco, dove un tempo si trovava un bastione di avvistamento, lasciarono all’abitato il nome di Torre, aggiungendovi poi l’ulteriore, beneaugurante, toponimo di Santa Maria. “Ci piace essere diretti”, spiega la gente di qui, “C’è una chiesa? C’è una torre? Ecco pronto il nome al paese”. In Valmalenco pare essere andata così: la cima più nota della valle si chiama Monte Disgrazia, sfiora i quattromila e ha festeggiato i 150 anni dalla prima scalata, firmata da un poker di coraggiosi inglesi. Prendono invece il nome di Torre Santa Maria e Chiesa in Valmalenco i paesi di questo scampolo retico di Valtellina, che da Sondrio si inerpica verso i Grigioni e la Svizzera. Mentre a Chiesa sono addirittura due le parrocchiali a vegliare sull’abitato; insomma della “disgrazia” fra i monti, che sono piuttosto vestiti di boschi odorosi e torrenti cristallini, non v’è però traccia. Almeno nei sentieri che seguiremo per le nostre passeggiate in Valmalenco.

passeggiate in Valmalenco - Escursioni in quota

Passeggiate in Valmalenco: storie di rocce

Disgrazia deriva da disgelo”, si affrettano a spiegare i valligiani, avvezzi ormai al solito, tremebondo quesito di chi visiti i luoghi per la prima volta. In verità una leggenda c’è e narra di come gli abitanti, distratti dal bello dei luoghi, fossero soliti trascurare le esigenze dei molti viandanti che, infuriati, auguravano spesso disgrazie all’indirizzo dei ruvidi ospiti. Eppure le cartine parlano chiaro: il Disgrazia svetta lassù, cugino meno noto ma non meno bello, del Pizzo Bernina che, superando quota 4mila, ha da sempre solleticato maggiormente i cacciatori di record. Ed è fra i boschi ai piedi dei giganti malenchi che si snoda questo viaggio, “sopra e sotto” terra, alla scoperta di una storia che parla di rocce da “scalare”, ma anche da scavare perché la Valmalenco è da secoli una miniera di possibilità. E non è uno slogan: nel’800 erano già catalogate 260 qualità di minerali, fra pietra ollare, talco, ardesia e perfino amianto. Se oggi si contano sulle dita di una mano i siti – cave o miniere – ancora attivi, durante le due guerre furono in molti ad essere esentati dal fronte purché continuassero a scavare le viscere di queste terre.

passeggiate in Valmalenco - Il torrente Torreggio e il Rifugio Bosio-Galli.

Su e dentro i monti della Valmalenco

 Il nostro itinerario prevede due giorni a zonzo fra Torre Santa Maria e Chiesa in Valmalenco, con un’ avventura fra montagne “en plein air” dove scorrazzare al sole, visitando anche antichi siti minerari ora abbandonati, per proseguire poi, il terzo giorno, verso Lanzada e la miniera di Bagnada che dal 1987 è un museo da perlustrare ancora alla luce delle pile frontali. Si parte dall’alpeggio Piasci di Torre Santa Maria per arrivare, in meno di due ore di cammino, al rifugio Bosio – Galli, a quota 2086. A fargli da culla “sculture” di roccia aguzza e brunita, contrafforti dei Pizzi Cassandra e Ventina che si sbriciolano, frantumandosi in miriadi di sassoni dove il fischio delle marmotte si mischia al bagliore dei quarzi.

Oltre si gioca la partita di una delle Alte vie” più famose d’Italia, terreno di escursionisti esperti, da sette ore di marcia al dì e zaino straripante di goretex e integratori. Con pari orgoglio e minor fatica si può disegnare però una personalissima “bassa via della Valmalenco” che abbia la sua meta e la sua “cima” nei manicaretti che escono dalla cucina di Adriana Lotti che, insieme al figlio Cesare, gestisce il rifugio da 30 anni. “Passo l’inverno a sperimentare ricette”, sospira Adriana che ha festeggiato l’arrivo della banda larga al rifugio, ma non smette di sognare un abbattitore per alleviare le sue fatiche a questi fornelli d’alta quota.

passeggiate in Valmalenco - pascoli nella zona di Mastabbia

Passeggiate in Valmalenco sull’alpeggio giurassico

Fuori il panorama sembra uscito dalla fantasia e dai pastelli di un bimbo: un ponticello in legno scavalca il limpido e gelido Torreggio, dove si bagnano, da secoli, jurassici massi erratici su cui divertirsi a imitare i grimpeur leggendari o semplicemente poltrire al sole. La sera trascorre fra parole di antica saggezza e qualche canto più audace. L’indomani la sveglia suona presto ma profuma di caffelatte. Cesare indica la via che scende, verso Chiesa in Valmalenco, attraverso le balze degli alpeggi. La prima tappa, dopo un’ora di facile cammino, è Mastabbia dove si possono trovare le lusinghe di latte e formaggio genuini. Poco oltre ecco le prime miniere: rotaie abbandonate e “buchi neri” nascondono quello che un tempo era il tempio dell’”oro bianco” della valle. ”Scoperta nel 1949, questa era una delle principali miniere d’alta quota, del tutto simile all’eco museo di Bagnada e racchiudeva una ricchezza impalpabile fatta di talco”, spiega il geologo Alfredo Dell’Agosto, che organizza passeggiate tematiche per ricostruire la memoria mineraria della valle.

passeggiate in Valmalenco - ingresso miniera abbandonata

Talco e pietra ollare in Valmalenco

Il sentiero vista Pizzo Scalino si inoltra ora in un bosco fiabesco: meno di un’ora di cammino, accompagnati dal profumo del pino mugo e il talco lascia posto ad un’altra “Dop” del territorio, la pietra ollare. Un sentiero circolare permette di passare in rassegna un insediamento dove ancora si estrae lo scuro frutto di questo tipo di serpentinite: “Un tempo era un prodotto di consumo – spiega Valeria Pedrolini, accompagnatrice di media montagna e custode delle “res malenche” -: in cucina non poteva mancare un “lavecc”, la pentolona che reggeva sia il caldo sia il freddo”. Oggi invece la pietra ollare è un prodotto d’elite, lavorato ormai da un paio di artisti che hanno aperto vetrine giù in paese, nello struscio buono del centro. Lassù invece è rimasto un antico tornio da visitare e gli annali dei luoghi raccontano che perfino George Clooney, qualche estate fa, si sia fatto lasciare dall’elicottero nell’idilliaca piana dell’alpe Pirlo, poco sotto il sentiero della pietra ollare, per contemplare questi luoghi. Una sosta ed un pic nic separano ora da Primolo, frazione di Chiesa, dove si conclude una delle passeggiate in Valmalenco che richiede due giorni di cammino.

passeggiate in Valmalenco . piste da sci e passeggiate invernali

Il santuario delle spose

Star del piccolo abitato è un curioso santuario che narra l’abitudine delle fanciulle di qui: quelle ancora senza marito erano solite grattare il vetro che custodiva l’immagine sacra della Madonna. Chi veniva accontentata e si accasava, portava poi generosi ex voto e gratitudine perenne a questi luoghi. In pullman o taxi si rientra ora a Chiesa  dopo le passeggiate in Valmalenco per concedersi una serata più mondana, fra le vie che d’inverno si popolano di sciatori, richiamati dalla pista disegnata anni fa da Gustav Thoeni e di snowboarder grazie a percorsi ad hoc che hanno spesso portato quassù anche pochi mesi fa il Gotha degli amanti del surf e del freestyle per i mondiali junior. L’indomani per noi è ora di andare in miniera: questa volta per davvero.

passeggiate in Valmalenco - visita alla miniera Bagnada

Passeggiate in Valmalenco: tutti in miniera

La meta di quest’ultima tra le passeggiate in Valmalenco è il paesino di Lanzada, culla di una storica di miniera. Caschetto e giacca sono le armi per affrontare i 7°C gradi costanti della Bagnada, a 1480 metri di altitudine: il giacimento voluto dall’ingegner Grazzani alla ricerca di lana di salamandra e poi di talco è oggi un museo che ripercorre non solo la vita dell’impianto, ma attraverso foto e filmati anche l’intera storia mineraria della valle. I minatori vi lavoravano d’inverno quando la roccia era più asciutta, camminando anche un’ora nella neve prima di raggiungerne l’imbocco, sempre dopo aver lasciato le chiavi della propria casa sotto un sasso, perché “Si sapeva quando si partiva, ma non sempre se si sarebbe tornati”, chiosano le guide. Oggi si visitano solo tre dei nove livelli di questo abisso bianchissimo dove, nell’ultimo periodo fu ritrovato anche del quarzo prima che, nel 1987 la cronaca dello sfruttamento dei filoni lasciasse posto alla leggenda e alla memoria.